Lavoro, la Regione vigili sull’applicazione del nuovo contratto nazionale per il personale degli enti di formazione professionale 

Dopo 10 anni dalla scadenza del precedente, finalmente è stato rinnovato il Contratto Collettivo Nazionale per i lavoratori degli enti di formazione professionale. “È importante – spiega la consigliera regionale Ottavia Soncini, Presidente della Commissione Welfare – che la Regione vigili per continuare a garantire la qualità dei servizi a partire dalla valorizzazione delle professionalità coinvolte, sostenendo quindi gli enti impegnati in tali attività, al fine di garantire la sostenibilità del sistema e la sua prosecuzione”. 

A tal proposito, è stata depositata dal Gruppo del Partito Democratico, una risoluzione che contiene proprio questa richiesta. 

“Gli enti di formazione professionale accreditati dalla Regione Emilia-Romagna che applicano il CCNL della Formazione Professionale svolgono storicamente anche un’attività fondamentale di welfare. – sostiene Soncini – Essi infatti accompagnano le persone, giovani e adulti, maggiormente vulnerabili e a rischio di esclusione nei percorsi individuali verso l’autonomia e il lavoro”. 

“Considerato quindi che la qualità dei servizi di welfare per il sostegno all’inclusione attraverso il lavoro non può prescindere dall’investimento nella qualità del lavoro e dalla piena valorizzazione delle professionalità che vi operano – conclude Soncini – è necessario che la nostra Regione continui a operare e vigilare affinché sia garantita la sostenibilità economica per i soggetti impegnati nel campo della formazione professionale”.

INVERNO DEMOGRAFICO E PAURA DEL FUTURO | Il ruolo dei cattolici impegnati in politica

*Lettera pubblicata su La Libertà – Settimanale cattolico reggiano nell’edizione del 19 marzo 2024

I dati Istat, che verranno pubblicati nei prossimi giorni, riportano un dato implacabile: 380mila nascite contro 660mila morti.

Come ha affermato Papa Francesco nella giornata internazionale della famiglia 2023, la nascita dei figli è l’indicatore principale della speranza di un popolo. Il nostro è un tempo complesso dove molti giovani vivono nella paura del futuro. Nella nostra città, nel nostro paese, moltissime persone pensano al mondo di domani come un luogo peggiore del presente.

Il tempo del Covid ha accelerato questa paura del futuro che albergava già da tempo nel cuore della comunità. L’allarme permanente per i cambiamenti climatici che, se non affrontati adeguatamente, rischiano di rendere inospitale il nostro pianeta e le tante guerre vicino a noi, ci fanno sentire poi ancor più fragili e impotenti di fronte a questioni enormi che investono milioni di persone nel paese, in Europa, nel mondo.

I dati sull’aumento della sofferenza psicologica dei nostri ragazzi sono impressionanti: il 27,5% degli adolescenti vive sintomi di ansia, il 13,8% denuncia sintomi depressivi e il fenomeno cresce (dati di Massimo Ammaniti).

Fa riflettere il fatto che, anche dove si sono messe in campo politiche familiari decennali (Francia, Germania, Svezia) e proprio laddove aumenta il benessere e l’uguaglianza di genere, non si raggiunge comunque il famoso numero dei 2 figli a donna per mantenere la popolazione in sostanziale equilibrio tra generazioni. Ci si avvicina, si galleggia intorno ma non si supera e a volte si scende: 1,24 in Italia, il valore più basso d’Europa; 1,8 in Francia, il più alto d’Europa.

Mettere al mondo un bambino sottende un progetto di vita che guarda al domani come l’opportunità di costruire un mondo migliore. La cultura di oggi sembra invece spesso ‘nemica’ della famiglia, cultura che occorre oggi contrastare con uno straordinario sforzo educativo a partire dalla famiglia, per arrivare alla scuola e all’intera società. Servono investimenti poderosi e di lungo periodo per restituire fiducia in valori e ideali comuni, che sono alla radice delle nostre comunità.

A proposito di paura del futuro c’è un dato che mi ha colpita: a Bologna nel 1944, sotto le bombe naziste, si mettevano al mondo più figli rispetto al 2023.

Nella società dei diritti viene troppo spesso messo in secondo piano quello di avere i figli che si desiderano negli anni della vita in cui è possibile averli. Alla preoccupazione per il futuro si legano poi impedimenti materiali oggettivi: costi degli affitti o dei mutui proibitivi, stipendi inadeguati, precarietà del lavoro, costi crescenti per sanità, istruzione, servizi, barriere per le mamme che lavorano.

La gioia di mettere al modo un figlio, più che un diritto, rischia di diventare un lusso che in pochi possono permettersi.

I tanti cattolici che servono la comunità attraverso la politica hanno oggi più che mai il dovere di attivarsi in prima persona, come previsto dalla nostra Costituzione, affinché tornino ad essere prioritarie le politiche pubbliche volte a sostenere, agevolare, incoraggiare chi ha il desiderio di mettere al mondo nuove vite. Per questo servono politiche lungimiranti, che predispongano un terreno fertile per promuovere una nuova primavera e dissolvere questo inverno demografico, ricreando condizioni affinché possa rifiorire in tutti la speranza nel futuro.

Guardando negli occhi i miei figli mi rendo conto che la vita ha una forza straordinaria. Per questo abbiamo il compito educativo, prima ancora che politico, di far conoscere a tutti la meravigliosa esperienza di trasmettere la vita.

Ottavia Soncini – Consigliera regionale Pd, Presidente della Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali

Siamo tutte Giulia | Il mio intervento in aula in ricordo di Giulia Cecchettin

Grazie, presidente. Ci riuniamo oggi, in questa giornata particolarmente dolorosa, di lutto per Giulia e tutte le donne vittime di violenza. Ringrazio l’assessora Lori per aver illustrato ciò che la Regione fa. Ci tengo davvero a ringraziare la consigliera Mori per la perseveranza, la competenza, la passione, il modo formato con cui in questi anni ha condotto la battaglia per i diritti per le donne in questa Regione.

Come Regione Emilia-Romagna lavoriamo da oltre vent’anni sulle tematiche del contrasto alla violenza di genere, sulle pari opportunità, valorizzando e sostenendo concretamente le buone pratiche dei Centri antiviolenza. Facciamo un lavoro di messa in rete tra istituzione pubblica e istituzione privata, come metodo fondamentale per mettere in campo strategie efficaci contro la violenza di genere e la diffusione di una cultura delle differenze e di contrasto agli stereotipi, rivolto soprattutto alle giovani generazioni.

Il lavoro della Regione si articola sulla base del Piano triennale di contrasto alla violenza di genere, con l’Osservatorio regionale, che consente di indagare il fenomeno da ogni punto di vista, mettendo insieme professionalità e competenze di chi già lavora per dare sostegno alle donne che hanno subìto o continuano a subire violenze.

Poi ci sono le Istituzioni. L’assessora Lori, giustamente, ha dato i dati, ricordando che dietro ogni numero c’è una persona, c’è una storia, c’è un dramma di una donna, dei suoi figli, dei familiari.

I centri antiviolenza sul territorio regionale sono 23, le case rifugio 55, i centri per uomini autori di violenza 14. Dal 2020 abbiamo investito oltre 20 milioni di euro sulla promozione delle pari opportunità, sul fondo imprenditoria femminile, sul reddito di libertà, sul sostegno dei centri.

Nel 2022, le donne che hanno contattato un centro antiviolenza per ricevere attività di sostegno e consulenza sono state 4.990. I pernottamenti totali nelle case rifugio si aggirano intorno ai 60.400. Gli uomini in percorso presso il centro uomini maltrattanti sono stati 713. I dati sui tipi di violenze subite ci dicono che il 90% sono sul piano psicologico, il 65% sul piano fisico e 42% sono violenze di tipo economico.

Il femminicidio rappresenta un reato che si consuma principalmente nelle relazioni intime. Ho letto la relazione d’inchiesta della Commissione sui femminicidi in Italia, riferita agli 2017 e 2018, e mi ha colpito particolarmente, perché tutti i femminicidi esaminati si connotano per due requisiti specifici: l’autore di violenza di genere forma la sua identità su una relazione di dominio, controllo assoluto su una donna, unico tipo di relazione che conosce, e la violenza nei confronti di questa gli serve a riaffermare e confermare il suo potere. La donna che decide di interrompere quella relazione viene uccisa perché, in molti casi, sottraendosi ai doveri di ruolo, non solo viola una regola sociale e culturale, ma rende l’uomo che glielo ha permesso un perdente agli occhi della collettività. La sanzione diventa la morte. Questo dice la relazione della Commissione dei femminicidi in Italia.

Quindi, le donne sono uccise non perché in sé fragili o vulnerabili, ma perché diventano tali nella sola relazione di dominio, o al contrario, nella gran parte dei casi, con veri e propri atti di coraggio, si ribellano all’intento dei loro aggressori di sfruttarle, dominarle, possederle e controllarle. Per quanto riguarda la distribuzione, non emergono particolari differenze né a livello territoriale, né rispetto alle caratteristiche di autore e vittime. Le età delle vittime, tuttavia, variano leggermente, di più di quelle degli autori. Le vittime estremamente giovani e anziane sono più di quanti siano gli autori appartenenti a questa categoria di età, e ciò denota una condizione di fragilità in cui in una parte dei casi si trova la donna rispetto all’uomo. Una donna anziana o giovanissima, quindi potenzialmente in condizione tendenzialmente di maggiore debolezza fisica, ha una probabilità di essere uccisa più elevata di quanto lo sia quella che un uomo anziano o giovanissimo uccida.

La distribuzione è simile per autore e vittime anche per quanto riguarda la cittadinanza: il 78 per cento delle vittime e il 78,1 per cento degli autori ha cittadinanza italiana, il 21 per cento delle vittime e il 18,8 per cento degli autori ha cittadinanza straniera. I femminicidi avvengono tendenzialmente all’interno della stessa comunità di appartenenza. L’83,9 per cento dei femminicidi viene commesso da un autore che ha la stessa nazionalità della vittima.

Il livello di mancate risposte sulle condizioni occupazionali è molto più alto per le donne, arriva a un quarto del totale, ciò avviene soprattutto nelle classi di età più avanzate.

La relazione che intercorre, invece, tra la donna vittima e l’autore al momento del femminicidio dice che più della metà delle donne vittime di femminicidio sono uccise dal proprio partner, che nel 77,9 per cento dei casi coabitava con la donna. Nel 12,7 per cento sono uccise, invece, dall’ex partner. Dunque, il femminicidio si conferma come un atto di volontà di dominio e di possesso dell’uomo sulla donna, al di là della possibile volontà di indipendenza e di rottura dell’unione della donna stessa.

Un altro dato: solo il 15 per cento delle donne aveva sporto denuncia o querela per precedenti violenze o altri reati compiuti dall’autore ai propri danni. Le denunce e le querele, quindi, avvengono in pochi casi, ma spesso quando avvengono si susseguono.

C’è sicuramente il tema del patriarcato. “C’è ancora domani”, straordinario film della Cortellesi, ci ha ricordato un passaggio storico per la nostra Repubblica nel percorso di emancipazione delle donne da una cultura che le aveva viste per secoli soccombere di fronte al dominio dell’uomo o del padre. Il 2 e 3 giugno 1946 oltre dodici milioni di donne si sono recate alle urne per contribuire alla scelta tra monarchia e repubblica. Purtroppo occorre prendere atto che, a settantasette anni di distanza da quei giorni, le donne si trovano ancora a doversi battere non solo per il lavoro e i diritti, ma addirittura per la loro stessa vita. Nonostante decenni di battaglie femministe, l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore nel 1981, il riconoscimento dello stupro come reato contro la persona e non contro la morale nel 1996, la visione del corpo femminile come oggetto da possedere e da sottomettere impregna ancora la cultura del nostro Paese.

Questo fatto, prima ancora che politicamente, è umanamente inaccettabile e su questo – lo dico prima di tutto da donna e da madre – non dovremo mai smettere di impegnarci e lottare senza sosta. Ma penso anche e soprattutto che ci sia una colossale necessità di un investimento culturale capace di rigenerare condizioni strutturali di fiducia nel futuro e di ascolto verso le nuove generazioni. Servirebbero davvero ore di educazione sociale, da quella civica a quella affettiva, partendo dalle famiglie e passando da tutte le scuole. Non mi pare più rinviabile.

I dati del disturbo psicologico, anche quelli regionali, dicono dei ragazzi in solitudine di fronte ai messaggi del web e dei social. Questi dati sono impressionanti. Assumere politicamente questo impegno ‒ lo abbiamo fatto in diverse Commissioni – è fondamentale. Un ragazzo, un bimbo oggi rischia di venire cresciuto da solo nel mare del web, nel deserto del web, dove gli adulti non ci sono e non ci sono stati. C’è un problema di analfabetismo affettivo. Il senso del corpo e della vita viene meno a partire dai primi anni di vita. Il web, i social non possono essere agenzie educative. Non si può vivere la solitudine davanti a web e social.

Noi adulti dobbiamo essere vicini ai bambini e ai ragazzi. Leggete questo dato: i bambini dai 6 ai 10 anni che usano internet tre mesi prima della rilevazione sono l’83,3 per cento; i ragazzi dagli 11 ai 14 anni che usano internet il 96,4 per cento. Scambiano messaggi, guardano video, videgiocano, guardano video a pagamento, utilizzano e-mail, frequentano i social, leggono notizie. Rischiano di essere bambini che si crescono da soli.

Mi chiedo: cosa fanno per ore davvero i bambini e i ragazzi su internet? Che contenuti guardano sui social? Che valori scambiano? Non è sufficiente pensare che, se sono in silenzio e sono tranquilli, va tutto bene. Insomma, penso ci sia un disagio psicologico e affettivo che interpella noi, interpella il mondo adulto.

Il tema del femminicidio affonda le radici nel deserto affettivo che c’è, che viene dai primi anni di vita, in cui i bambini sono stati soli. È un tema certamente complesso, che richiede un lavoro di analisi. Dove costruiscono la loro affettività? Dove imparano a gestire corpo, emozioni, pulsioni, sentimenti? Che modelli hanno i giovani di oggi? Guardo alla guerra di oggi, l’uso delle tecnologie manipolative delle immagini per indurre la cancellazione di emozioni e sentimenti umanissimi di fronte al male inflitto alla natura umana, sia nell’aggressione della Russia verso l’Ucraina, sia nell’aggressione terroristica di Hamas rispetto a Israele, sia nella risposta di Israele rispetto a Gaza. Non possiamo ignorare l’atroce e persistente fenomeno degli stupri di guerra. Lo stupro utilizzato come arma di terrore, con l’obiettivo di danneggiare il nemico, passando attraverso l’annientamento del corpo della donna. La neutralizzazione del corpo femminile.

Di fronte a queste deduzioni del dopoguerra, se è vero che non abbiamo la forza per determinare la fine di questi avvenimenti, abbiamo la responsabilità di occuparci delle conseguenze che quegli avvenimenti hanno già determinato nel modo di pensare della nostra società, nel modo di pensare dei nostri giovani. Educazione, quindi, ai valori, che sono gli stessi che servono a contrastare la malapianta delle discriminazioni verso chi è diverso, della violenza di genere, in particolare i drammatici femminicidi, a cui non dobbiamo abituarci mai.

Bisogna lavorare sui valori che ruotano intorno ai temi della fratellanza, della sorellanza, della solidarietà e dell’accoglienza. Dietro gli omicidi della violenza di genere, dietro le intolleranze ci sono questi valori e questi discorsi. Serve un’evocazione del senso di responsabilità, che tutti dobbiamo avere.

Mai come in questa fase della storia siamo di fronte alla crisi, soprattutto nella fase adolescenziale, al disorientamento, alla mancanza di senso, alla mancanza di gusto della vita, di prospettiva, di idea di futuro. C’è una incombente fragilità. Serve una responsabilità del mondo adulto e della politica, perché serve un interesse per gli obiettivi immateriali: la dimensione umana, il valore della persona, la centralità della persona, il rispetto della persona, dell’altro genere, di tutti gli altri.

La salute delle nuove generazioni ci interessa, ci riguarda, vogliamo occuparcene. Se c’è un rispetto della persona per quello che rappresenta dal punto di vista valoriale e della sua consistenza intrinseca, metà della soluzione l’abbiamo trovata. Viviamo nella stagione in cui si sta verificando lo “svuotamento dell’uomo dentro all’uomo”, dell’uomo dentro la persona umana. Il fenomeno di cui stiamo parlando oggi è complesso, è multistrato. Ridurre la complessità è sbagliato. Dunque, ci vuole l’impegno e la responsabilità di comprendere bene prima di agire. Quindi, mentre va avanti l’attività ordinaria della politica – i bilanci, le riforme, le riorganizzazioni – noi continueremo ad occuparci dei fondamentali su cui bisogna prestare attenzione.

Indagine sui giovani emiliano-romagnoli: il 77,4% soffre d’ansia associata alla scuola. “Diamo risposte rafforzando le nostre politiche giovanili ed educative”

Giovani al centro di una Commissione congiunta Sanità, Scuola e Parità in Assemblea Legislativa

Il terzo report sugli adolescenti emiliano-romagnoli “Tra presente e futuro. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022”, che ha coinvolto oltre 15mila studenti emiliano-romagnoli tra gli 11 e i 19 anni, di cui rispettivamente 2.870 pari al 19,1% nella Provincia di Bologna e 1.539 pari al 10,2% nella Provincia di Reggio Emilia, è stato presentato in una Commissione congiunta Scuola, Sanità e Parità. I dati, illustrati dall’Assessore al Welfare Igor Taruffi, secondo i Presidenti delle Commissioni assembleari Francesca Marchetti, Ottavia Soncini e Federico Amico: “offrono una fotografia reale e concreta che dà voce agli adolescenti e che ci invita a riflettere su quelli che sono campanelli d’allarme a cui dare risposte rafforzando le nostre politiche giovanili ed educative”.

Tra i dati più rilevanti il 77,4% degli intervistati indica l’ansia associata alla scuola, seguita dall’insicurezza (48,9%) e dalla tristezza (33,3%). Il 68,2% degli adolescenti ritiene che lo stress influisce sulla loro salute, mentre il 27,2% dei giovani richiede un supporto psicologico a causa di questo disagio. Nonostante più della metà dei ragazzi trascorra oltre 4 ore al giorno davanti ad uno schermo, il 45% degli intervistati pratica sport per più di 4 ore alla settimana, rimane invece la preoccupazione per il 26% di giovani che non pratica alcuna attività sportiva.

“In questi anni i nostri ragazzi e ragazze hanno dovuto affrontare sfide complesse, dalle quali si sono acuite difficoltà già esistenti e sono emersi anche nuovi bisogni – spiegano –. Questo momento di confronto tra le nostre Commissioni è fortemente voluto, perché conferma la necessità di lavorare insieme anche al supporto della Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dell’Ufficio scolastico regionale e dei territori per rispondere ai giovani che chiedono aiuto e che vogliono essere ascoltati, offrendo loro strumenti utili per supportarli nel loro percorso di vita, che va riconosciuto, valorizzato e sostenuto attraverso una nuova alleanza educativa e di comunità per affrontare in modo trasversale i loro bisogni”.

Secondo Marchetti, Soncini e Amico è proprio da questa analisi che bisogna partire “per migliorare la qualità della vita dei nostri adolescenti e per evitare povertà educativa e ritiro sociale. Senza un’attenta mappatura di quanto ci circonda non possiamo attuare politiche adeguate ed è per questo che è un bene che questa indagine sia arrivata alla terza edizione e rappresenta un prezioso punto per migliorare la comunità emiliano-romagnola a partire dal rapporto con il mondo scolastico”.

In questo studio colpisce come i sentimenti negativi siano presenti in modo allarmante già fra i più piccoli e crescono con l’età. “La ricerca – concludono –  invita pertanto gli operatori, gli insegnanti e gli adulti in generale a prendere atto che è urgente passare dalla conoscenza all’azione ed evidenzia diversi aspetti che possono essere trasformati in piste di lavoro possibili da tutti coloro che si occupano di nuove generazioni per una pianificazione di azioni e interventi, dentro e fuori la scuola, in un’ottica di sistema, dal contrasto alla povertà educativa al sostegno alla didattica, da politiche attive per il lavoro a nuovi stimoli e opportunità nel mondo sportivo. Ribadiamo e rilanciamo il nostro impegno per offrire alle ragazze e ai ragazzi emiliano-romagnoli migliori opportunità per costruire il loro futuro, ripartendo dalle esigenze che loro stessi ci indicano come prioritarie”.

Disturbi alimentari, il punto in Regione

Commissioni Salute e Scuola congiunte per garantire supporto agli oltre 2000 assistiti in Emilia-Romagna ogni anno

Quella dei disturbi del comportamento alimentare è una piaga che continua a crescere e colpisce sempre più adolescenti e preadolescenti. Sono oltre 2.000 le persone che annualmente sono prese in carico in Emilia-Romagna per anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e altri disturbi. La stragrande maggioranza, oltre il 90%, sono ragazze e donne e la fascia di età coinvolta si abbassa fino a quella pediatrica.

“Ne abbiamo parlato in Commissione Sanità e Scuola dove appena qualche mese fa avevamo seguito l’informativa sul “Programma regionale di contrasto ai Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione: dati epidemiologici, economici e progetti regionali – riportano la presidente Ottavia Soncini e Francesca Marchetti e aggiungono come – Nel 2022 la Regione Emilia-Romagna aveva stanziato 820 mila euro, ripartite tra le aziende sanitarie del territorio, per sostenere il programma di assistenza ai giovani tra i 12 e i 25 anni con disturbi del comportamento alimentare e per supportarne l’assistenza residenziale nelle strutture accreditate “in Volo” di Parma e “residenza Gruber” di Bologna”.

La Commissione, in seduta congiunta, ha approvato un documento unanime che pone il tema di individuare linee di intervento comuni e uniformi tra tutte le Aziende sanitarie regionali. Il modello organizzativo attuale proposto dalla Regione Emilia-Romagna è quello dei Programmi PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) delle Aziende Usl e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie, in una logica di rete tra servizi e con la persona al centro della cura. Il modello prevede in ogni territorio provinciale un’équipe interdisciplinare come nucleo del sistema di cura, responsabile della continuità e coerenza dei trattamenti e dei rapporti con i centri specializzati e con le strutture della rete dei servizi sanitari. Un modello che integra la componente pubblica e quella privata accreditata.

“Il lavoro di équipe tra i servizi medici e clinici, l’assistito e la sua cerchia familiare, scolastica, sociale per individuare le terapie e i trattamenti adeguati e investire nella riabilitazione della persona è fondamentale” sottolineano le dem. “A medici di base e pediatri di libera scelta siano garantiti adeguati corsi di aggiornamento in merito ai disturbi del comportamento alimentare e scuole, associazioni e gruppi di mutuo e auto aiuto vanno supportati nei servizi che consentono di individuare con tempestività problematiche emergenti, di trattare casi conclamati, sostenere le cure e il percorso di riabilitazione, supportare le famiglie degli assistiti”.

Agricoltura. Nuove risorse per le aziende ‘giovani’, la Regione investe sul ricambio generazionale nelle campagne con un bando da oltre 24 milioni di euro

Pronti oltre 24 milioni di euro per i giovani agricoltori per continuare a sostenere il ricambio generazionale nelle campagne. Sono le risorse del bando 2019, il quinto nell’ambito del Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020, che dà continuità all’intervento della Regione per incentivare la nascita e lo sviluppo di aziende agricole condotte da imprenditori alle prime esperienze, per accelerare il cambio generazionale dei titolari d’azienda.

Il nuovo provvedimento segue l’approvazione della graduatoria 2018 del bando riservato ai neo-imprenditori che ha consentito l’avvio di 265 nuove imprese guidate da under 41, con oltre 1200 nate in regione dal 2015. Le domande possono essere presentate fino al 22 ottobre secondo le modalità stabilite da Agrea.

Dal 2015 ad oggi sono già oltre 1200 le nuove imprese guidate da giovani nate grazie alle misure del Psr che negli ultimi quattro anni ha stanziato 55,7 milioni di euro per investimenti e 46,7 milioni di euro per gli aiuti all’avviamento d’impresa.

Cosa prevede il bando
Dei 24,26 milioni di budget, quasi 17 milioni sono destinati a soddisfare le domande di primo insediamento, i restanti 7,3 milioni saranno utilizzati per sostenere i piani di sviluppo aziendale, con contributi fino al 50% sugli investimenti per la costruzione e ristrutturazione di immobili ad uso produttivo, l’acquisto di macchinari ed attrezzature, gli interventi di miglioramento fondiario.
Tra le spese ammissibili, ma con contributo ridotto al 40%, figurano anche gli investimenti finalizzati alla trasformazione e commercializzazione delle produzioni aziendali, comprese quelle per l’allestimento di locali per la vendita diretta e l’implementazione di siti web per l’e-commerce dei prodotti agricoli.
Nella formazione della graduatoria un punteggio più alto sarà riconosciuto alle imprese che s’insediano nelle aree svantaggiate.

Le imprese “giovani” in Emilia-Romagna
Sono state oltre 1200 le imprese guidate da giovani nate in Emilia-Romagna dal 2015 al 2018 grazie al sostegno finanziario del Psr, complessivamente oltre 105 milioni di euro tra premio di primo insediamento – una tantum di 30mila euro, che salgono a 50mila per le aziende in area svantaggiata – e contributi in conto capitale (fino al 50% sugli investimenti del piano di sviluppo aziendale).
Le nuove imprese nate con il sostegno finanziario della Regione risultano distribuite in tutti i territori: in provincia di Reggio Emilia se sono registrate 205, poi seguono Piacenza con 196, Ravenna 165, Forlì-Cesena 162, Bologna 155, Parma 139, Modena 140, Ferrara 66 e Rimini 34.

Qui tutte le info del bando: http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/psr-2014-2020/bandi/bandi-2019/bando-pacchetto-giovani/?searchterm=

Nuove opportunità, benessere e contrasto al disagio giovanile: dalla Regione 600mila euro a iniziative per l’adolescenza

Promuovere, tra i più giovani, benesseresocializzazione, opportunità di crescitaprotagonismo sociale e stili di vita sani,offrendo loro momenti di aggregazione e confronto educativo, come deterrenti al disagio e all’isolamento.

Va in questa direzione il bando “Adolescenza”da 600mila euro approvato in questi giorni dalla Giunta regionale e destinato ad associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariatocooperative socialioratori parrocchie di tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. Il bando, finanziato per il decimo anno consecutivo, stabilisce criteri e risorse disponibili a livello provinciale per la realizzazione di attività educative e sociali rivolte a ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 19 anni residenti in Emilia-Romagna, che sfiorano i 360 mila.   

L’obiettivo della Regione è sostenere i giovani, coinvolgendo la società civile, nel complesso e delicato passaggio di crescita e scoperta del mondo, con un’attenzione particolare puntata sugli stili di vita e sulle relazioni con coetanei e adulti di riferimento. Nelle attività finanziabili con i contributi regionali potranno rientrare quelle di carattere culturalericreativosportivosociale (di oratorio o simili, come lo scoutismo), e quelle più propriamente educative a favore di adolescenti e preadolescenti in difficoltà: sostegno scolasticocontrasto alla dispersione scolasticaeducazione alla legalità, prevenzione al bullismo e al cyberbullismo. Non ultimi, possono essere finanziate proposte sulla promozione dell’educazione tra pari, finalizzati a valorizzare il protagonismo dei ragazzi e a sviluppare la loro capacità di aiutarsi.

Dei contributi complessivi, 150mila euro sono destinati a progetti di rilevanza regionale (attività che si realizzeranno in almeno tre province) e 450mila a quelli che hanno valenza territoriale, cioè realizzati a livello locale.

Ripartizione dei fondi, per provincia

A livello territoriale, i 450 mila euro destinati a finanziare i progetti di rilevanza localevengono così suddivisi tra tutte le province dell’Emilia-Romagna, sulla base del numero di residenti di età compresa nella fascia di età 11-19 anni: a Bologna, con 78.944 cittadini residenti in questa fascia di età, sono assegnati 99.200 euro; Modena74.400 (59.196 residenti); Reggio Emilia 59.600 (47.483 residenti); Parma 44.400 (35.363 residenti); Forlì-Cesena 40.300 (32.123 residenti); Ravenna 38.500 (30.661 residenti); Ferrara 30.000 (23.907 residenti);  Rimini 35.200 mila (28.087 residenti) e Piacenza, alla quale sono stati assegnati 28.200 euro (22.440 residenti).

Domande e scadenze

Le domande devono essere inviate entro le ore 13 del 17 giugno 2019 in originale (pena l’esclusione) alla Regione Emilia-Romagna per posta elettronica certificataall’indirizzo mail: segrsvilsoc@postacert.regione.emilia-romagna.it oppure tramite lettera raccomandata inviata al Servizio politiche sociali e socio-educative, viale Aldo Moro 21, 40127 Bologna.

Il bando è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n.154 del 17.05.2019 (Parte Seconda) consultabile on line

Politiche giovanili: lavoro, aggregazione e multimedialità. Dalla Regione bando triennale da oltre 4,1 milioni di euro

Più risorse per le attività che si svolgono negli spazi di aggregazione, per i servizi di informazione e comunicazione. Poi azioni che aiutino i ragazzi ad avvicinarsi al mondo del lavoro, anche attraverso il sostegno all’imprenditoria e alla creatività giovanile, l’attivazione di progetti di protagonismo giovanile e di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, legati allo strumento della youngERcard, la tessera regionale gratuita per giovani che studiano, vivono o lavorano in Emilia-Romagna che ha raggiunto in questi anni quota 60 mila sottoscrizioni.

Con oltre 4,1 milioni di euro la Regione ha finanziato il bando triennale 2019-2021 per i giovani, sostenendo interventi promossi dagli Enti locali. Diversamente dal passato, quando i bandi erano annuali, in questo modo si cerca di dare maggiore stabilità alle politiche locali e consentire così di realizzare azioni strutturali e di lungo respiro. Un passaggio significativo che si aggiunge al considerevole incremento delle risorse: basti pensare che a inizio legislatura, nel 2015, il contributo regionale destinato al finanziamento delle attività e dei servizi rivolti ai giovani era di 400 mila euro, mentre nel 2021 triplicherà con 1,2 milioni di euro.

Il bando nel dettaglio

Il nuovo bando è già online ed è in attuazione della Legge regionale 14/08 “Norme in materia di politiche giovanili”. Quest’anno Unioni comunali, Comuni capoluogo di provincia non inclusi in Unioni e, per la prima volta, anche Associazioni di Comuni capoluogo potranno presentare domanda per accedere a 2.830.000 euro di spesa corrente e 1.300.000 euro di spesa di investimento, per un totale di 4 milioni 130 mila euro. Gli interventi sostenuti dalla Regione dovranno essere realizzati nel triennio 2019-2021.

La novità di quest’anno è la creazione di un filone di finanziamento dedicato esclusivamente al sostegno di attività innovative nel campo della multimedialità e dei nuovi linguaggi comunicativi e, nello specifico, alla promozione delle web radio giovanili in Emilia-Romagna. 
Inoltre, con il contributo regionale si potranno realizzare piccoli interventi di ristrutturazione e adeguamento degli spazi, oltre ad acquistare nuove attrezzature tecnologiche e nuovi arredi per aprire o riqualificare i locali che ospitano coworking, sale prova, fablab, incubatori d’idee innovative, redazioni di webradio, skatepark, laboratori multimediali.

Modalità di presentazione delle domande


Per partecipare all’assegnazione dei fondi occorre seguire la procedura pubblicata sul sito Giovazoom, nella sezione “Bandi” (http://www.giovazoom.emr.it/bandi). 
La procedura resterà aperta fino al 6 maggio 2019.

Info su www.giovazoom.it

Alloggi e residenze per studenti universitari: 75 nuovi posti a Reggio Emilia

Nuovi alloggi e residenze per gli studenti universitari in arrivo in Emilia-Romagna. E’ stato pubblicato il decreto del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca scientifica che approva la graduatoria per la realizzazione degli interventi e che assegna all’Emilia-Romagna un finanziamento di oltre 38 milioni di euro a fronte di un cofinanziamento della Regione pari a quasi 11 milioni di euro.

Grazie alle risorse messe a disposizione dalla Regione, gli interventi previsti in Emilia-Romagna sono stati considerati prioritari da parte del dicastero. Il cofinanziamento statale, sulla base della legge 338 del 2000, è previsto per interventi di edilizia universitaria destinati soprattutto agli studenti a basso reddito e in possesso dei requisiti di merito.

Gli interventi proposti renderanno disponibili 558 posti alloggio sul territorio regionale, di cui 280 a Bologna87 a Parma75 a Reggio Emilia51 a Imola e 65 a Rimini. L’intervento si realizza nell’ambito delle politiche per il diritto allo studio universitario, con l’obiettivo di rafforzare l’attrattività del sistema universitario regionale, ampliandone l’offerta abitativa e i servizi rivolti agli studenti, prioritariamente a quelli fuori sede.

I primi interventi ad essere realizzati
, sulla base della graduatoria approvata dal ministero sarannol’edificio Campus Baricentro, in via Belmeloro (59 posti), e la ristrutturazione a Imola del Campus Osservanza (51 posti).  Seguirà a Parma il restauro conservativo dell’ex carcere giudiziario di San Francesco, dove si ricaveranno 87 nuovi posti alloggio.
Altri interventi a Bologna riguarderanno la costruzione del nuovo edificio e del completamento dello studentato Battiferro, con i relativi servizi annessi per 131 posti alloggio; la demolizione e della ricostruzione dell’edificio Campus di via Filippo Re (90posti alloggio). A Rimini si ristrutturerà Palazzo Lettimi, con lo studentato e i servizi annessi (65 posti).
Ergo interverrà a Reggio Emilia, con il completamento dell’intervento su Villa Marchi, che metteranno a disposizione nuovi 75 posti alloggio. 

La situazione in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna, a conferma dell’attrattività dell’offerta formativa e dei servizi resi disponibili, su quasi 150 mila studenti iscritti complessivamente ai quattro atenei della regione, circa 100 mila sono gli studenti fuori sede, cioè che frequentano un corso in una Provincia diversa da quella di residenza, e di questi quasi 63 mila provengono da fuori regione.
Attualmente il fabbisogno di posti letto è superiore alla disponibilità che può mettere in campo l’azienda regionale per il diritto agli studi superiori Er.Go, che mette a disposizione 1.831 posti alloggio per le sedi dell’Università di Bologna, 618 per l’ateneo di Parma e 755 per l’Università di Modena e Reggio Emilia, di cui 131 a Reggio e 298 a Ferrara.

Ludopatia, stop della Regione all’uso di macchinette “ticket redemption” per gli under 18

Si trovano perlopiù all’interno di sale giochi, centri commerciali e nei parchi divertimento. Sono le “ticket redemption”, macchinette da gioco che, alla fine di ogni partita, restituiscono ticket (tagliandi) da convertire in premi: braccialettini, portachiavi, cuffiette, gadget di vario tipo. Fino a orologi da polso, Mp3, Ipad.

In Emilia-Romagna c’è una legge regionale (“Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico”) che ne vieta l’utilizzo ai minori: oggi la Commissione assembleare ha dato il via libera alla delibera di Giunta in cui sono contenute le modalità attuative del divieto, e che prevede una serie di obblighi ben precisi per i gestori dei locali.

Divieto di utilizzo: le novità introdotte
Il testo licenziato dalla Commissione assembleare (che dovrà ora tornare in Giunta per l’approvazione definitiva) introduce, per i gestori, l’obbligo diaffiggere nei locali l’apposita locandina regionale in cui viene menzionato il divieto di utilizzo delle “ticket redemption” da parte dei minorenni. Non solo: c’è anche l’obbligo di affiggere in modo visibile su ogni apparecchio oggetto del divieto un avviso in cui deve essere chiaramente indicato che l’utilizzo è vietato ai minori di 18 anni.

I gestori, inoltre, devono accertare l’età del cliente, tranne nei casi in cui la sua maggiore età sia evidente. Se minorenne, non devono vendergli i gettoni, né consegnargli il premio derivante da una vincita. Nel caso di violazione degli obblighi da parte dei gestori, è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.

“Ticket redemption”, come funzionano
I giocatori – nella stragrande maggioranza bambini e ragazzi – inseriscono il denaro nella macchinetta, giocano e, a prescindere dal risultato, ottengono comunque un ticket con un punteggio. I ticket possono essere accumulati e usati per “acquistare” premi presenti all’interno della sala giochi. Naturalmente, per ottenere un “premio” come un Mp3 è necessario accumulare molti punti, e dunque giocare (inserendo soldi nella macchinetta) molto, anche per ore intere. Con il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza: quella da gioco, appunto. A differenza delle slot machine, che sono vietate per legge nazionale ai minori di 18 anni, le ticket redemption sono invece accessibili perché la vincita non è in denaro ma in ticket.

Giovanissimi e gioco d’azzardo: la situazione in Emilia-Romagna
Tra le dipendenze patologiche che interessano gli adolescenti emiliano-romagnoli, c’è anche il gioco d’azzardo: il 20% delle ragazze e il 46% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni giocano d’azzardo in modo occasionale, ma quasi il 5% dei maschi (contro lo 0,9% delle femmine) è a rischio di ludopatia, come emerge dall’ultima “mappatura” degli adolescenti svolta dalla Regione a fine 2016.

Dipendenza da gioco, le persone in cura
Le persone che nel 2017 si sono rivolte ai servizi delle Aziende Usl dell’Emilia-Romagna per dipendenza da gioco d’azzardo e prese in carico sono state 1.521. L’utenza è in prevalenza di sesso maschile e la fascia di età più rappresentata è quella tra i 41 e i 50 anni.